RELAZIONE AL PREMIO MALATTIA 2013

Anche in questa edizione del Premio, la Giuria è rimasta positivamente colpita dal numero dei partecipanti, soprattutto nella sezione riservata alle minoranze linguistiche parlate in Italia e ai dialetti: 112 i poeti in gara. Materiale pervenuto da ogni parte del suolo nazionale: dal dialetto sardo al friulano (nelle sue numerose, ricche varietà), dal siciliano al veneto e così via. Importante aggiungere che accanto alla quantità è stata rilevata una buona qualità dei testi pervenuti. Una bella sorpresa è stata poi quella di apprendere che in qualche caso l’autore/autrice della poesia era una persona giovane, che affidava al suo estro poetico la parlata dei propri avi.
Ma facciamo, brevemente, un passo indietro nel tempo, e più precisamente nel 1990. Infatti quello è un anno molto importante per la poesia cosiddetta “neodialettale”. E’ quello, l’anno in cui esce a livello nazionale un saggio di 500 pagine che attirerà l’attenzione di tutti gli studiosi e amanti del dialetto. Mi riferisco al libro “Le parole perdute” di Franco Brevini, pubblicato nelle edizioni Einaudi. Il merito di Brevini fu quello di aver sollevato il coperchio su una realtà che da anni pullulava in Italia, dal nord al sud, ma di cui nessuno aveva svolto un’indagine così profonda e dettagliata. Si trattava di mettere in luce un’intensa attività poetica, sconosciuta ai più, perché gli autori in dialetto spesso affidavano le proprie poesie a piccole, seppur pregevoli, case editrici. Così Brevini fece conoscere a tutta la nazione che non solo esisteva un piccolo esercito di poeti in dialetto, ma che, secondo il suo parere, essi raggiungevano delle punte espressive di gran lunga superiore a quella dei contemporanei poeti in lingua italiana. 
Scriveva Brevini: “…il dialetto continua ad attrarre i poeti delle ultimissime generazioni, che vi ritrovano la lingua di un mondo personale, scampato alla distruzione delle culture e delle differenze.”
Ma non finì lì. Dopo qualche anno, precisamente nel 1992, uscì un altro interessante volume, a cura dello scomparso Achille Serrao: una originale antologia nazionale della poesia contemporanea in dialetto (ai poeti viventi delle regioni italiane venivano richiesti i “lavori in corso”, cioè degli inediti o testi appena pubblicati, per indicare la giusta temperatura poetica in atto). Il libro s’intitolava VIA TERRA, ed era pubblicata dall’editore Campanotto di Udine. L’opera fu così lodata dalla critica da essere poi tradotta in inglese e distribuita in Canada e negli Stati Uniti…
Pensare che uno studente americano abbia letto poesie nel dialetto, che so, di Meduno o di Casarsa, per restare solo al Friuli, crea una non piccola emozione.
Da allora, l’onda dialettale non si più fermata, se è vero che poi si sono affacciati sulla scena nuovi e validi autori, che non erano stati ancora registrati nei due studi citati. Fra i molti nomi, mi si permetta di indicarne solo quattro, perché tutti premiati proprio qui al concorso Malattia della Vallata, che così si trasforma anche in un particolare osservatorio sui movimenti poetici italiani e dialettali: Fabio Franzin, Alfredo Panetta, Silvio Ornella e Gian Citton.
Per finire, a questi nomi illustri, vorrei accostare quello di una  ragazza di soli ventidue anni, che scrive in siciliano, e che per il Premio Malattia della Vallata diventa così il simbolo della poesia del futuro: Giulia Corsino.
 
Giacomo Vit