Considerazioni sulla XXXII edizione del Premio Letterario Nazionale “Giuseppe Malattia della Vallata”

L’edizione 2019 del Premio di poesia Giuseppe Malattia della Vallata, che da due anni è riservato solo a composizioni inedite nei vari dialetti parlati in Italia, e nelle lingue minoritarie, è stata un’edizione da record, poiché oltre duecento sono stati i poeti partecipanti con un totale di oltre 800 composizioni inviate. Dalle Valli del Natisone fino alla Sardegna, passando attraverso tutte le regioni italiane, i poeti si sono misurati a colpi di lingua materna utilizzando suoni a volte inusuali ma ricchi di simbolicità, in contrasto con l’epoca corrente un po’ sorda e distratta. E non si pensi che siano tutti autori di età avanzata, ci sono anche dei giovani (per non dire giovanissimi; è il caso degli alunni di una scuola dell’infanzia di Bologna) che credono nell’importanza della parlata locale che si trasforma in poesia. Ma quali le tematiche che sono state affrontate? C’è solo il rimpianto per un mondo contadino che non c’è più? Fortunatamente no. Dando un’occhiata anche solo al ristretto numero dei finalisti, si notano tematiche molto attuali: la lotta della parola poetica contro le mafie, la violenza che invade i nostri giorni lasciando a terra i cadaveri degli innocenti, le tragedie collettive (come il crollo del ponte Morandi) entrate nella coscienza della nazione, le preghiere rivolte a quelli che sono soli e indifesi, lo sguardo disilluso di chi vive un’esistenza rigida sullo sfondo di una natura indifferente, la memoria mai sopita di un dolore personale, l’uso del dialetto per lanciarsi in ragionamenti un po’ astratti, filosofici. Insomma, la poesia in dialetto dimostra ancora una volta di essere vitale e di non temere il confronto con l’attualità.

La Giuria del Premio