GIAN MARIO VILLALTA
E’ nato nel 1959 a Visinale di Pasiano di Pordenone. Si è laureato all’Università di Bologna con una tesi sulla retorica del testo letterario e filosofico. Insegnante presso il Liceo Majorana di Pordenone. E’ direttore artistico di Pordenonelegge.
Ha pubblicato diversi libri di poesia in ”dialetto”: “Altro che storie!”, Campanotto Editore, Pasian di Prato (Udine) 1988; “Vose de vose” /(Voce di voci), Campanotto Editore, Pasian di Prato (Udine) 1995; “Revoltà” (Rivoltato), Biblioteca Civica di Pordenone, 2005;
Ha pubblicato raccolte di poesie in italiano: “L’erba in tasca”, Scheiwiller, Milano 1992; “Malcerti animali in Poesia contemporanea, Terzo Quaderno Italiano”, Guerini e Associati, Milano 1992; “Nel buio degli alberi”, (con presentazione di Emanuele Trevi in “La barca di Babele” 7, Circolo Culturale di Meduno (Pordenone) 2001; “Vedere al buio”, Luca Sassella Editore, Roma 2007.
Nel 2011 ha vinto il Premio Viareggio con “Vanità della mente”, Mondadori, Milano 2011.
Poesie di Villalta, in lingua italiana o nella parlata del suo paese, sono state pubblicate dalle più importanti riviste e sono state inserite in antologie come:
Tanche giaiutis (Come avèrle). La poesia friulana da Pasolini ai nostri giorni, a cura di Amedeo Giacomini, Associazione Culturale Colonos, Villacaccia di Lestizza, Udine,2003; I colôrs da li vôs (I colori delle voci), a cura di Pierluigi Cappello, Associazione Culturale Colonos, Villacaccia di Lestizza, Udine 2006
Del 2003 è una lunga ed approfondita intervista a Villalta a cura di Maurizio Casagrande, inclusa nel volume: “In un gorgo di fedeltà. Dialogo con venti poeti italiani”, edita da” Il Ponte del Sale” di Rovigo. A pagina 274, Villalta dice:
<<La luce in cui si percepisce la coesistenza di sé e delle cose nel tempo, che non è una durata “esterna” o “interna” al sé, è la dimensione propria del sé. Il suo rivelarsi nel presente. (…) “Nella luce degli alberi” ha disputato il titolo a “Nel buio degli alberi”. l’importante era dire che la luce e quindi il buio sono propri delle cose, non sono astrazioni. Quale luce? Sì, la luce delle cose, la luce in cui noi ci riveliamo ad esse. Noi ci riveliamo alle cose, è davvero così, anche se ci hanno sempre detto il contrario, cioè che le cose si rivelano a noi. Siamo noi che abbiamo la facoltà di tracciare un cielo e una terra delle cose, rivelandoci ad esse, intonandole.>>
La poesia di Villalta è inserita anche nel volume di Anna De Simone, Poeti del Friuli tra Casarsa e Chiusaforte, Edizioni Cofine, Roma 2012, insieme a Pier Paolo Pasolini, Novella Cantarutti, Elio Bartolini, Leonardo Zanier, Umberto Valentinis, Amedeo Giacomini, Ida Vallerugo, Federico Tavan, Nelvia Di Monte, Giacomo Vit, Mario Benedetti, Ivan Crico, e Pierluigi Cappello.
Villalta ha svolto anche un’apprezzata attività di studioso e di critico letterario. Ha curato: Andrea Zanzotto. Le poesie e prose scelte (con Stefano Del Bianco), I Meridiani, Mondadori, Milano 1999; Andrea Zanzotto. Scritti sulla letteratura, Mondadori, Milano 2001; Il respiro e lo sguardo. Un racconto della poesia italiana contemporanea, Scuola Golden-BUR, Milano 2005.
Come narratore ha pubblicato i romanzi: Un dolore riconoscente, Transeuropa, Editori Associati, Milano 2000; Tuo figlio, Mondadori, Milano 2004; Vita della mia vita, Mondadori, Milano 2005; Alla fine di un’infanzia felice, Mondadori, Milano 2013: “Un viaggio nella memoria e la storia di una amicizia, tormentata, nata nelle campagne del Friuli. Un libro sorprendente, una riflessione sui rapporti tra verità, memoria e immaginazione, in cui, pagina dopo pagina il confine tra fiction e realtà si assottiglia fino a scomparire”.
Del 2009 è il pamphlet polemico: Padroni a casa nostra, Mondadori, Milano.
Nel 2012 ha curato per le Edizioni Biblioteca dell’Immagine il volume “Pordenone. Antologia dei grandi scrittori”.
La scrittura di Gian Mario Villalta
<<La poesia di Villalta è percorsa da “continui cortocircuiti fra parte intellettiva e parte sensitiva, tra memoria ed esperienza e quindi (…) tra lingua e dialetto (…) Tale tensione spiega la natura della poesia di Villalta , da una parte coltissima – disseminata di allusioni e microcitazioni letterarie ( da Celan a Pasolini fino a Giacomini) – dall’altra disperatamente attuale. naturale, biologica : Far versi. come ogni antico / animal che l’è su ‘sta tera. / par l’amor, par la mort, par la guera.>>.(Flavio Santi)
Scrive Massimo Gezzi recensendo “Vanità della mente” (2O11):
<<Villalta conferma il suo approdo a una lirica matura ed essenziale (…), una lirica capace di raccontare e interrogare l’esperienza, così come di parlare frontalmente a un interlocutore che chi legge, di continuo, è chiamato ad incarnare>>.
Secondo Amedeo Giacomini ( in Tanche giaiutis. La poesia friulana da Pasolini ai nostri giorni, Associazione culturale Colonos, Villacaccia di Lestizza ,Udine 2003):
<<Villalta (…) è sì uomo di confine (uomo diviso), ma l’impianto contenutistico del suo dire è friulano tout-court. […] il codice linguistico del tutto marginale il suo “dialettaccio “come dice risulta un fatto prioritario in Vose de vose, l’importante libro pubblicato nel 1995. Il venetoide di Visinale è infatti per lui la “materia” dentro la quale implodere per cercare le ragioni dell’esserci di un mondo che fu zoccolo duro del suo; lo analizza cioè come “corpo” in un presente ereditato da una cultura cancellata di cui rimangono tracce percettibili soltanto dalla lucida attenzione di un poeta. Il visinalese insomma, il calare in esso, diventa per Villalta ideale idioletto di un particolare individuo che, piuttosto scettico, quando non ironico, lo analizza dal come attualmente è, al come era quando poteva avere motivazioni reali (quando coincideva cioè con cose e fatti concreti della vita d’ogni giorno): il tutto per farsi “vose de vose”[voce di voci] del poeta che vuole verificare la possibile necessità di una tradizione, se non della continuazione non snobistica del dialetto>>.
Revoltà /(Rovesciato)
Dirò che l’è sta lu, el dialeto, che ‘l me se à
revoltà, che me son revoltà. che son sta’ revoltà
drento de come se parla
‘ncontro de come se parla
dirò che son sta’ bandone
te ‘sto discorso qua
te tuti i discorsi
‘ndove che me son trovà
revoltà
Dirò che è stato lui, il dialetto, che mi si è / rivoltato, che mi sono rivoltato, sono stato rivoltato / dentro come si parla / di fronte a come si parla / dirò che sono stato abbandonato / in questo discorso qua / in tutti i discorsi / dove mi sono trovato / rivoltato